Pescara Calcio: Giorgio Repetto, tra passato e presente. Dalle promozioni storiche alle esperienze da direttore sportivo.
Pescara Calcio: Giorgio Repetto, Una vita biancazzurra
PESCARA – Lo scrigno dei ricordi è troppo piccolo per contenere così tanti anni di calcio. E quasi cinquant’anni di Pescara. Una squadra e una città che erano scritte nel suo destino. Ma in fondo Giorgio Repetto non è mai stato uno di quelli che crede nel destino. Perché lui è sempre rimasto uno spirito libero, capace di conservarsi immutato negli anni. Anni in cui ha vergato pagine indelebili della storia biancazzurra, prima da calciatore e poi da direttore sportivo.
Nella storia
Pescara Calcio: Giorgio Repetto, una vita tra successi e simboli biancazzurri
Lui che arrivò in riva all’Adriatico nel lontano 1975. Mettendo insieme complessivamente sei stagioni in maglia biancazzurra da calciatore, comprese le due promozioni in A del ’77 con Cadè. E quella del 79’ con Angelillo e i quarantamila di Bologna. Fino a diventare una delle bandiere del Pescara. Nacque così il trio Zucchini, Nobili e Repetto, che divenne un simbolo per intere generazioni. Tanto che Repetto non è andato più via da Pescara. Ligure di nascita ma pescarese d’adozione. Perché in fondo la città adriatica è un po’ come lui, rispecchia la sua indole. Quell’indole di chi non ha bisogno di scendere a compromessi. E di chi ama godersi la vita, in tutte le sue sfaccettature.
Pescara Calcio: Giorgio Repetto e il ritorno da direttore sportivo fino all’addio definitivo
Repetto è tornato da direttore sportivo nel Pescara nel 2013, dopo la retrocessione dalla serie A. Poi arrivò un brusco addio nel maggio 2016 proprio prima della promozione in A, a causa delle divergenze con il presidente Sebastiani. Ma nel 2018 ci fu la riconciliazione e il ritorno in biancazzurro. Quando Repetto portò sulla panchina del Pescara Bepi Pillon, che condusse i biancazzurri fino alla semifinale play-off in B. Nel 2021 l’addio definitivo al sodalizio biancazzurro.
Giorgio Repetto e la scoperta del talento di Marco Verratti
Prima Giorgio Repetto aveva lavorato come osservatore nel Chievo Verona per ben diciotto anni. Da qui il suo legame con il tecnico veneto. Quando allenava le formazioni giovanili dell’Arabona a Manoppello provò a portare nel club scaligero anche Marco Verratti, che all’epoca aveva solo nove anni. Si accorse subito delle grandi qualità del talento di Manoppello. Del resto lui resta un grande conoscitore di calcio. Aveva capito prima di tutti che Verratti sarebbe divenuto un campione. Senza bisogno della sfera di cristallo.
Pescara Calcio: Giorgio Repetto, protagonista delle storiche promozioni in Serie A
Da calciatore sei stato protagonista indiscusso delle annate più belle della storia del Pescara. Leggendarie le due promozioni del ’77 e del ’79 con i quarantamila di Bologna. Che annate sono state quelle?
«Io arrivai nel ’75 con Tom Rosati e finimmo a metà classifica. Poi è arrivato Cadè e abbiamo avuto difficoltà all’inizio, perché lui era molto avveniristico. Giocava un po’ come si gioca oggi. E si trovò la quadra con l’inserimento di Galbiati. Noi facemmo un grande campionato, insieme al Vicenza che quell’anno lo vinse. Il nostro fu un campionato bellissimo con sei-sette vittorie consecutive. Due anni dopo tornammo in serie A, giocavamo bene ma avevamo un deficit di esperienza. Noi potevamo fare meglio in casa. Poi abbiamo vinto lo spareggio con il Monza. E vinsi anche nella stagione ’82-’83 con Tom Rosati dalla C alla B».
Il trio Zucchini, Nobili e Repetto è entrato di diritto nell’immaginario dei tifosi biancazzurri. Qual era il segreto di quel gruppo?
«Noi non siamo stati mai invidiosi l’uno dell’altro. Poi in quel centrocampo c’era anche Orazi, che era un giocatore fantastico. Noi eravamo amici sia dentro che fuori dal campo. Ognuno ha cercato di dare il meglio di sé riconoscendo le capacità dei compagni. A Nobili non potevi chiedere di correre di più. Zucchini era un incursore pazzesco, che non potevi imbrigliare. Ognuno faceva quello che poteva fare».
Da quasi cinquant’anni vivi a Pescara. Cosa ha saputo darti questa città?
«Qui ho sempre vissuto benissimo e mi sono ambientato con la gente del posto. La qualità della vita è buona. Io sono stato fortunato perché ho avuto sempre società forti con Capacchietti, Marinelli. E ho trovato anche allenatori bravi, Tom Rosati l’ho ritrovato nell’ ’82-’83. Su Pescara devi pensare che mi vennero a trovare dei miei amici da Reggio Emilia e da Parma. Sarebbero dovuti restare solo un giorno, ma poi gli piacque così tanto la città che alla fine rimasero dieci giorni. Proprio perché questa è una città molto accogliente e festaiola».
Hai citato Tom Rosati, un allenatore che è rimasto nella mente di tanti tifosi del Pescara. Una figura d’altri tempi. Dava l’idea di essere molto duro, un sergente di ferro…
«Lui era tutto meno che duro. Era una bravissima persona. Delegava molto al suo secondo Edmondo Prosperi. Gli allenamenti li faceva Edmondo sotto la sua supervisione. Ci si stava bene. Nelle categorie inferiori poi è più difficile vincere».
A detta di tutti, sei un profondo conoscitore di calcio. Quando allenavi le formazioni giovanili dell’Arabona di Manoppello hai scovato il talento puro di Marco Verratti. Ti sei accorto subito che Marco aveva qualcosa in più degli altri e lo proponesti al Chievo. Poi cosa successe?
«Io ho fatto venire il direttore del settore giovanile del Chievo dopo che il patron del Manoppello Completa mi fece vedere i ragazzi. Lui fece un campo a undici e uno a sette, tutti e due in erba nella sua azienda. E mi fece vedere Marco. Che tra l’altro è nato il 5 novembre proprio come me. Marco all’epoca aveva nove anni e mezzo. Con il responsabile del settore giovanile del Chievo siamo stati a pranzo insieme. Da lì ogni anno ho mandato i ragazzi del Manoppello a fare gli allenamenti a Verona. E poi andavano anche a vedere la partita del Chievo allo stadio. Nessuno mi ha mai detto nulla dei ragazzi del Manoppello. Quando venne fuori Marco, mi chiamò il presidente del Chievo chiedendomi chi avesse scartato Verratti. In altri provini anche con l’Inter mi dicevano che era piccolino di statura. Io lo portai anche da un medico per capire quanto sarebbe venuto alto. Lo portai anche all’Ascoli per un provino e me lo chiese anche l’Angolana. Ma lui mi disse che non voleva andare via di casa. Io così lo feci andare a Pescara con i giovanissimi nazionali. Chiamai Andrea Iaconi e lui parlò con Cetteo Di Mascio».
Pescara Calcio: Giorgio Repetto e le difficoltà del ritorno in Serie B con Marino
Dopo la retrocessione dalla serie A dei biancazzurri nel 2013 tornasti nel Pescara da direttore sportivo, per aprire un nuovo corso. Ma con Pasquale Marino le cose non andarono come ci si aspettava. A distanza di anni, che spiegazione ti sei dato?
«C’erano troppi giocatori. Ma comunque fino a dicembre le cose andavano bene. C’erano troppi giocatori che venivano dalla serie A. L’ambiente era discreto e Marino tatticamente è bravissimo. Andammo bene fino alla sconfitta con l’Empoli. Riuscimmo a perdere 2-1 e facemmo sei sconfitte consecutive. Poi arrivò Cosmi ed ho scoperto una persona fantastica fuori dal campo. Ma mi viene in mente anche Baroni, un professionista esemplare. Uno che non lascia niente al caso, vive ventiquattro ore al giorno di pallone».
Sei tornato nel Pescara nel 2018 e portasti Bepi Pillon sulla panchina biancazzurra. La promozione sfumò in quella semifinale play-off contro il Verona, ma il tecnico veneto ancora oggi risulta molto apprezzato dalla piazza. Che allenatore è Pillon?
«E’ una delle persone migliori che io abbia mai conosciuto nel calcio. Io penso che lui quell’anno abbia fatto un miracolo. Quella era una squadra normale dove mancavano diversi elementi. Lui si inventò Mancuso centravanti. Poi a gennaio venne venduto Machin. Siamo arrivati quarti in campionato e perdemmo con il Verona dopo una grande partita. Io volli Pillon dopo l’esonero di Epifani. L’idea della società era quella di prendere Brocchi. Poi Pillon non rinnovò perché non era scoccata la scintilla tra lui e il presidente. Lui è molto bravo nella gestione dei giocatori. Con le giuste proporzioni è un Ancellotti dei poveri, è un ottimo gestore. Io però nel 2018 non ho più fatto il direttore sportivo. Il ds era Bocchetti. Non sono più andato a fare il mercato. Avevo portato gente come Melchiorri e Lapadula. Torreira poi lo portò Druda, che adesso è all’interno del consiglio d’amministrazione. E mi ricordo che all’inizio venne bocciato nel settore giovanile. Io dissi di fermarlo perché era fortissimo, poi Oddo gli ha trovato un ruolo. Quel Pescara di Oddo giocava benissimo. Quello è stato l’ultimo anno che feci io il mercato. Noi avevamo Mandragora che non aveva nemmeno diciotto anni, me lo fece prendere Marcello Donatelli. Quella squadra aveva un’età media bassa, 23 anni all’incirca. A parte Campagnaro erano tutti giovani. Facemmo esordire anche Vitturini e Ventola. Vincemmo il campionato giocando un calcio molto bello. Il segreto è trovare gente complementare. Io e Nobili ad esempio eravamo complementari in mezzo al campo. Bisogna sempre trovare l’alchimia».
Pescara Calcio: Giorgio Repetto sul successo attuale con Silvio Baldini
Il Pescara di oggi vive un momento d’oro. Grazie soprattutto ad un altro allenatore di grande esperienza come Silvio Baldini. Ti saresti aspettato un rendimento simile?
«Io anche l’anno scorso pensavo che il materiale umano del Pescara era di buon livello. Era difficile dire che i giocatori non fossero all’altezza. Molti sono rimasti ed è arrivato Valzania, che è fuori categoria in serie C. L’esperienza dell’allenatore è stata decisiva per motivare i giocatori e il pubblico. Ho sentito frasi che normalmente non si sentono dire dagli allenatori. Lui ha saputo motivare i giocatori che con le loro prestazioni hanno entusiasmato il pubblico. Baldini non è una persona banale, queste sono le persone che più mi piacciono. È un allenatore che è andato via da Palermo quando poteva tranquillamente restare».
23-10-2024 Daniele Rossi