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Conosci l’Abruzzo: Castelli e fortificazioni dal VI al XVI secolo

La Difesa Frammentata dell’Abruzzo: Una Regione di Castelli e Fortificazioni

L’Abruzzo, per la sua conformazione montuosa e la posizione di terra di confine, ha sviluppato una difesa frammentata di castelli e fortificazioni, necessaria,  in mancanza di grandi centri urbani e di una difesa centralizzata. Tra i luoghi simbolo spicca il castello fortezza di Civitella del Tronto, al confine con le Marche, la più grande opera difensiva del centro-sud Italia. Di stile rinascimentale, fu l’ultimo baluardo della resistenza borbonica, capitolando pochi giorni dopo l’Unità d’Italia.

 

Le Sfide Difensive dell’Abruzzo tra Mare e Montagna

Dal VI secolo, l’Abruzzo subì devastazioni ad opera dei Goti, con conseguente abbandono delle città e declino economico. La sua posizione costiera lo espose inoltre a incursioni e invasioni, spingendo alla costruzione di torri e fortificazioni lungo la costa e nelle zone collinari interne dal VII secolo.

Mille Anni di Conflitti e Fortificazioni

L’Italia ha subito per circa un millennio le conseguenze del disfacimento dell’Impero romano, iniziato ben prima della sua caduta ufficiale nel 476 d.C. I barbari saccheggiarono e riorganizzarono il territorio, seguiti da Bizantini, Arabi, Longobardi e Saraceni, fino ai Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi e alle grandi lotte tra Francia e Spagna. Questo periodo vide un continuo susseguirsi di dominazioni e conflitti. Le fortificazioni divennero centrali, segnando l’origine dell’incastellamento, un fenomeno che comprendeva non solo i castelli tradizionali ma ogni struttura difensiva o offensiva adattata alle necessità belliche del tempo.

Il Castello: Centro di Difesa e Vita Economica

Il castello, derivato dal latino castrum (accampamento militare), divenne essenziale per la sopravvivenza in un’epoca di instabilità. Circondato da fossati e protetto da merli, feritoie, saracinesche, piombatoi e passaggi segreti, offriva rifugio alle popolazioni durante i pericoli, consentendo di mettere al sicuro raccolti e beni. All’interno delle sue mura, si sviluppava l’economia curtense, basata sull’autosufficienza e sulla gestione della produzione e dello scambio. La corte, guidata da un capo dotato di immunità fiscale e giurisdizionale, fungeva anche da centro amministrativo e giuridico.

I Castelli Recinto e Pendio: Un’Architettura di Difesa e Autonomia

In Abruzzo, uno degli esempi più emblematici di fortificazioni è la città dell’Aquila, che secondo la tradizione sarebbe sorta dall’unione di 99 castelli. I castelli abruzzesi, pur mantenendo strutture simili nonostante il susseguirsi di dominazioni, presentano una tipologia unica: i castelli recinto o castelli pendio. Queste fortificazioni, ideate con grande ingegno, si adattavano perfettamente al territorio, con un pendio ripido alle spalle e terreni pianeggianti adibiti a pascolo e agricoltura. Il borgo si sviluppava nel pendio di fronte alla valle, con una torre di avvistamento sulla sommità. In caso di attacco, il suono del corno segnalava il rifugio degli abitanti nel castello, dove si custodivano anche i raccolti. Un esempio antico di questa tipologia è il castello di Beffi, vicino all’Aquila, con una torre di oltre 100 metri e resti di cinte murarie e edifici ristrutturati.

L’Abruzzo Longobardo: Territorio di Confine e Stabilità Economica

Durante l’epoca longobarda, l’Abruzzo divenne una terra di confine, suddivisa tra i ducati di Spoleto a nord e di Benevento a sud, con il fiume Sangro come linea divisoria. I Longobardi, stanziatisi nel nord Italia intorno al 571, formarono nuovi insediamenti e rispettarono i territori papali. Le famiglie si raggrupparono in borghi fortificati chiamati Fare, protetti da castelli e difese. Sebbene i feudatari fossero spesso incapaci di mantenere l’ordine tra di loro, l’economia prosperò grazie alla stabilità politica e al riutilizzo delle vie romane. L’Abruzzo divenne un importante centro di produzione e commercio, esportando lana, zafferano, prodotti caseari, olio e grano. La transumanza fu riattivata e la regione, protetta da 11 fortificazioni lungo la via degli Abruzzi, favorì la ripresa dei trasporti e degli scambi commerciali. La Chiesa giocò un ruolo centrale sia come difensore che come promotore della civiltà.

L’Abruzzo Medievale: Pievi, Monasteri e l’Ascesa dei Normanni

Le Pievi in Abruzzo erano cruciali per la protezione e la giustizia. L’arrivo dei Benedettini e dei monasteri rinforzò il potere ecclesiastico, che spesso si oppose ai feudatari. I castelli longobardi favorirono gli scambi commerciali e la difesa contro i Saraceni. Nell’XI secolo, i Normanni conquistarono la regione, ottenendo il riconoscimento pontificio e consolidando il loro potere.

L’Abruzzo sotto il Dominio Normanno: Centralizzazione e Sviluppo

Sotto il dominio normanno, la difesa frammentata di Castelli e Fortificazioni dell’Abruzzo fu suddivisa in contee e baronie, e i castelli furono integrati nelle città. I Normanni introdussero nuove tecniche di costruzione e trasformarono il territorio, stimolando lo sviluppo delle arti. Consolidarono anche la via degli Abruzzi, favorendo gli scambi commerciali con l’Europa.

La Transizione dal Dominio Normanno a quello Svevo e Angioino

Il passaggio dal dominio normanno a quello svevo fu fluido grazie al matrimonio tra Costanza d’Altavilla e Enrico VI, figlio dell’imperatore Federico II. Federico II, con la sua straordinaria intelligenza, promosse la cultura e l’ingegneria, portando alla creazione dei castelli svevi, noti anche come castelli federiciani. Questi castelli si distinguevano per una pianta quadrata e l’uso di torri poligonali o cilindriche, scelti in base alla strategia militare e alle condizioni territoriali. Esempi noti sono Rocca Calascio, Castel Manfrino e Tagliacozzo.

Dopo la morte di Federico II nel 1250, gli Angioini, alleati del Papa, conquistarono l’Abruzzo. I castelli angioini, pur simili a quelli svevi, adottarono torri cilindriche più grandi, con torri centrali abbassate per motivi di sicurezza e con merli e beccatelli. Tra i castelli angioini in Abruzzo si trovano Palmoli, Vasto, Ortona e Carsoli. Dopo le lotte di conquista, nel 1504, il regno angioino passò alla Spagna, segnando l’inizio di una lunga serie di rivendicazioni dinastiche.

L’Influenza dei Capitani di Ventura e la Rivoluzione Militare

Nel periodo tra il XV e il XVI secolo, l’Italia divenne un campo di battaglia dove i capitani di ventura, come Braccio da Montone, Muzio Attendolo Sforza e Jacopo Caldora, raggiunsero grande potere. Caldora, in particolare, riuscì a conquistare numerosi castelli in Abruzzo, tra cui quelli nella zona del Fucino, a Vasto e ad Archi. Intanto, la guerra subiva una trasformazione radicale grazie all’introduzione della polvere da sparo. Questo cambiamento rivoluzionò il panorama bellico, permettendo l’annientamento a distanza delle formazioni di fanteria. Il mortaio da assedio fu sostituito dal cannone da campo, che permetteva di colpire l’avversario prima che il combattimento corpo a corpo avesse inizio.

L’Evoluzione Architettonica dei Castelli e il Loro Fascino

Con l’introduzione della polvere da sparo e la rivoluzione nei metodi di difesa, si cercarono nuove soluzioni architettoniche. Gli architetti toscani, come Giorgio Martini, i Sangallo e Michelangelo, contribuirono alla progettazione di castelli rinascimentali con pianta quadrata e bastioni agli angoli, come nel caso del castello dell’Aquila e di Casoli. Con il tempo, molti castelli divennero residenze di nobili e sovrani, come quelli di Tocco Casauria e Balsorano. Sebbene oggi i castelli siano parte del nostro passato, continuano a suscitare fascino, evocando mistero, avventura ed eroismo, e rimanendo simboli della complessità umana.

Tratto da un articolo di Gabriella Izzi Benedetti
Presidente Società Vastese di Storia Patria