Ivo Iaconi si racconta: «Pescara per me ha rappresentato il massimo»

Scopri la storia di Ivo Iaconi, protagonista della promozione del Pescara in Serie B nel 2003, e il suo rapporto speciale con la città.

Ivo Iaconi a Pescara: la Promozione che Ha Fatto Storia

KOH PHANGAN (THAILANDIA) – Vedendo il Pescara di Baldini laurearsi campione d’inverno, a molti la mente è andata a quel Pescara guidato da Ivo Iaconi. Che nel 2003 riuscì ad ottenere la promozione in B e che già alla fine del girone d’andata di quella stagione occupava la testa della classifica. Ma il tecnico di Giulianova di successi nel corso della sua carriera è riuscito a collezionarne tanti altri. Partendo dalla sua carriera da calciatore nel Giulianova. Fino ad arrivare alle altre promozioni in B alla guida di Fermana e Frosinone.

Dall’altra parte del mondo

Dall’altra parte del mondo si guarda tutto da un’altra prospettiva. Sì, perché Ivo Iaconi da tempo ha scelto di andare a vivere in Thailandia. Nell’isola di Koh Phangan per l’esattezza. E in quest’oasi di pace chissà quante volte avrà ripensato a tutto quello che il calcio gli ha regalato. Gioie ed amarezze, vissute sempre alla stessa maniera. Da quando indossava la fascia da capitano da calciatore con la maglia del Giulianova, la squadra della sua città. Ricordi rivissuti poco tempo fa nel corso delle celebrazioni per il centenario della società giallorossa. E poi la lunga avventura da allenatore.

Ivo Iaconi: la Promozione con il Pescara

Iaconi ha lasciato il segno soprattutto a Pescara, con la promozione in B nel 2003. Con giocatori del calibro di Giampaolo, Palladini, Bellè. Saul Santarelli tra i pali. E Andrea Cecchini che in quella stagione realizzò 19 reti. Un successo ottenuto insieme al fratello Andrea, all’epoca ds della società biancazzurra. Un binomio che poi si ripeté anche a Brescia. Nella mente dei tifosi resterà sempre quella doppia finale vinta contro il Martina.

Quello che al tecnico non riuscì la stagione precedente. Complice una vera e propria ingiustizia perpetrata ai danni del suo Pescara nel ritorno della semifinale play-off persa contro il Catania.

Quando a condannare i biancazzurri fu un colossale errore dell’arbitro Bergonzi, che non ravvisò il gol in netto fuorigioco di Cicconi. Quella stagione in rosa c’erano anche due fedelissimi di Iaconi come Massimiliano Fanesi e Guido Di Fabio, che il tecnico aveva già avuto con sé alla Fermana. Fanesi quell’anno realizzò dieci reti.

Ma Iaconi è uno che di promozioni in B se ne intende, visto che riuscì a compiere la stessa impresa anche alla guida di Fermana e Frosinone. Da diversi anni ormai l’esilio all’estero del tecnico ha segnato anche la sua pausa dal mondo del calcio. E così con lui abbiamo riavvolto il nastro e rivissuto i ricordi intensi di una lunga carriera.

Vedendo il Pescara di Baldini laurearsi campione d’inverno, in molti lo hanno accostato al suo Pescara promosso in B nel 2003. Lei come vede il Pescara di quest’anno?

«Io lo vedo bene per quello che l’ho potuto seguire. Mi sembra una squadra compatta, con una buona idea di gruppo e un allenatore di alto livello. Ha tutte le credenziali per tornare in B. Dove come minimo deve stare il Pescara».

Al Pescara ha trascorso tre stagioni. È rimasto soprattutto il ricordo di quella promozione in B del 2003, nel corso della doppia finale play-off contro il Martina. Che squadra era quella?

«Sicuramente era una squadra di alto livello per la categoria. Era una squadra che doveva vincere il campionato. Arrivammo primi insieme all’Avellino e fummo mandati ai play-off. La nostra era una squadra fatta bene con giocatori importanti venuti dalla categoria superiore. Con gente come Palladini, Giampaolo… Avevano trasmesso a tutto il gruppo quella forza e quella capacità morale di fare gruppo e tornare subito in B».

Com’è stato vincere a Pescara e che rapporto ha avuto con questa piazza?

«Io ho avuto un rapporto altalenante. Abbiamo iniziato con un’atmosfera negativa, con contestazioni alla società. Pescara per me è stata la più grande piazza dove ho allenato.

Il calcio si respira in tutti gli angoli, si sente pressione e passione. E non è così facile, bisogna avere grande personalità. Adesso bisogna tornare alla categoria più consona per la storia del Pescara. Per me Pescara è stata sempre il massimo. Ha una tifoseria spettacolare ed è una città bella.

Il giorno della promozione ricordo che con il pullman abbiamo attraversato la città e per strada c’era tutta Pescara. È stato davvero commovente».

L’anno precedente una grande ingiustizia perpetrata ai danni del Pescara in quella finale play-off a Catania. A distanza di più di vent’anni che ricordo ha di quella giornata?

«Purtroppo gli errori arbitrali fanno parte del gioco. Fu un errore grossolano di un arbitro (Bergonzi, ndr) che ha fatto anche carriera. Un colpo basso direi».

Lei arrivò a Pescara in un periodo un po’ delicato dell’era Scibilia, visto che i biancazzurri erano reduci dalla retrocessione in C. Che ambiente trovò?

«Un ambiente molto difficile, perché la società era contestata. Poi con le nostre prestazioni siamo riusciti a capovolgere l’ambiente. Non riuscimmo subito a vincere il campionato, però abbiamo messo le basi per il futuro».

Ha partecipato ai festeggiamenti del centenario del Giulianova. Nel corso della cena “Giuliesi per sempre” si sono rivisti personaggi che hanno scritto la storia di questa società, come lei del resto. Con la maglia giallorossa è stato anche capitano, cosa rappresentano per lei questi colori?

«Per me rappresentano tanto. Io sono un giuliese purosangue, ho fatto tutto il settore giovanile e sono stato anche il capitano di questa squadra. Vederla adesso fa un po’ impressione, per la storia che ha avuto in passato. Cercare di uscire da questa categoria e vincere i campionati è difficile. Con calma e con pazienza bisogna vincere e ristrutturare l’ambiente. Speriamo bene per il Giulianova, noi facciamo il tifo per tornare almeno in D».

Con suo fratello Andrea come direttore ha avuto modo di lavorare prima a San Benedetto, poi a Pescara vincendo un campionato. E infine lo ha seguito anche a Brescia. Che direttore è Andrea?

«Per me non è stato mai un vero e proprio direttore. Parlavamo schiettamente. Le problematiche si risolvevano prima. Andrea è ancora uno di quelli competenti nel calcio. Nella modernità per quanto riguarda le materie tecniche e calcistiche non ce ne sono tanti. Sono tutti bravi nell’organizzazione societaria ed economica. Le cose sono un po’ cambiate. Andrea è uno vecchio stampo, creato dal basso. È cresciuto man mano. E poi ha avuto questa esperienza a Pescara. Io mi sono trovato sempre bene, per me era facile. Si cercava di creare la squadra in sintonia con le richieste dell’allenatore».

Lei da tempo vive all’estero, ci pensa mai ogni tanto a rientrare nel mondo del calcio?

«No. Io ormai è tanto che ho smesso per scelta. Non mi sentivo più in sintonia con l’ambiente, per via di tante cose che sono cambiate. Si parla poco tecnicamente e tanto economicamente. Io sono della vecchia generazione, mi importa la squadra».

10-01-2025 Daniele Rossi