Intervista a Michele Gelsi
PESCARA – Intervista all’ex capitano del Pescara Michele Gelsi, . Il mare come comun denominatore. Lui nativo dell’Isola d’Elba che ha scelto Pescara. O forse a scegliere è stato il destino. Sì, perché Michele Gelsi del Pescara è stato una bandiera. Nove stagioni con la maglia biancazzurra da calciatore, secondo per maggior numero di presenze. Squadra di cui è stato a lungo il capitano. Oggi Gelsi vive a Pescara, dove gestisce uno stabilimento balneare sul lungomare Sud.
Capitano di mille battaglie: Michele Gelsi
Cresciuto nelle giovanili della Fiorentina, ha debuttato in serie A in maglia viola ad appena diciassette anni. E’ arrivato a Pescara nel 1989. Complessivamente 336 presenze, molte di queste con la fascia da capitano al braccio, suddivise in nove stagioni.
«Le presenze come numeri contano relativamente, conta quello che sei riuscito a dare nelle varie stagioni…», come dare torto all’ex capitano.
Lui che quelle stagioni le ha vissute sempre in prima linea, da grande condottiero. Nel 1992 fu uno dei protagonisti della promozione in A del Pescara di Giovanni Galeone. Quella serie A sfiorata nella stagione 1998-1999, quando fallì un calcio di rigore in una partita decisiva contro la Reggina all’Adriatico il 30 maggio 1999. Oltre a gestire uno stabilimento balneare in città, Michele Gelsi è rimasto nel mondo del calcio. Infatti dal 2012 ha aperto una scuola calcio a Miami legata alla Juventus. Inoltre negli ultimi anni ha collezionato diverse esperienze come allenatore, come quelle sulle panchine di Giulianova, Francavilla e San Salvo.
Michele Gelsi: Biancazzurro cucito addosso
Michele Gelsi è stato uno di quelli che ha saputo dare l’anima per i colori biancazzurri. E la maglia del Pescara gli è rimasta cucita addosso. Da calciatore è stato uno di quei centrocampisti capaci di coniugare quantità e qualità, con un gran tiro dalla distanza. Di quelli che nel calcio di oggi è sempre più difficile ammirare. Ben 49 le reti messe a segno con il Pescara.
Oltre a Fiorentina e Pescara è stato anche protagonista con altri club del calibro di Perugia e Udinese. E fu uno dei primi calciatori italiani ad approdare in Arabia nel 2001, precisamente nell’Al-Ittihad con Beppe Dossena come allenatore.
Ma il Pescara è la squadra che gli è rimasta maggiormente nel cuore. E Pescara è la città dove ha scelto di vivere. Saranno state proprio quelle tinte biancazzurre, per cui ha sempre lottato. Quei colori che uniscono cielo e mare. E che faranno per sempre parte della sua vita.
Tra i tuoi momenti più belli in biancazzurro senza dubbio la serie A conquistata nel 1992 in quel Pescara di Galeone. A distanza di più di trent’anni, che ricordi hai di quella promozione?
«I ricordi belli non si dimenticano mai. Fu un’annata bellissima con i pronostici che non erano a nostro favore. Fu una cavalcata straordinaria. C’erano giocatori che avevano voglia di riscatto. Avevamo Massara, Pagano, Bivi, Di Cara, Savorani in porta, Allegri. Una bellissima squadra».
Sei arrivato a Pescara per la prima volta nel 1989. Una città che ti è entrata nel cuore e da dove poi non sei più andato via. Quali sono le cose che ti hanno accomunato a questa città e a questa comunità?
«Soprattutto il fatto che è una città di mare, visto che io vengo dall’Isola d’Elba. E mi si addice anche come modo di vivere, con gente cordiale e aperta. Ci sono arrivato da scapolo, l’ho vissuta a 360 gradi e mi ci sono fermato».
Quella stagione 1998-1999 poteva rappresentare un’altra promozione in A per te. Invece si rivelò uno dei più grandi rimpianti della tua carriera, in molti ricordano quel rigore sbagliato nella partita contro la Reggina. Cosa è mancato quell’anno al Pescara secondo te?
«Rimpianto no, perché per me è stata più positiva a livello personale rispetto all’anno della promozione. Feci 13 gol quell’anno. L’unico neo è il rigore sbagliato contro la Reggina. Ma poi oltre a quello ci furono altri episodi in altre partite. Fosse successo oggi saremmo andati sicuramente in serie A. E’ comunque un’annata che ricordo volentieri. Durante la stagione siamo sempre stati tra le prime. Eravamo una squadra che non era forte come Brescia e Lecce. Non ci mancò niente, facemmo anche di più di quello che potevamo fare. C’era anche Esposito che stava nascendo in quel campionato lì…»
Sei sempre stato un leader. A Pescara hai avuto grandi allenatori come Giovanni Galeone, Franco Oddo, Gigi De Canio, Delio Rossi. A chi sei rimasto maggiormente legato?
«Se devo dirlo, faccio tre nomi: Oddo, De Canio e Delio Rossi. Ci sono loro nei primi tre come considerazione da allenatore a giocatore. Con Galeone ho vinto il campionato, ma la sua scuderia era un’altra. Non mi sono mai sentito un pupillo di Galeone. Dagli altri ho avuto più considerazione».
Il Pescara di oggi lo vedi pronto per tentare la promozione in B?
«E’ una buona squadra che ha giocatori di qualità. Gli è mancato quel qualcosa in più che poteva essere inserito. Bastava una punta che poteva fare 10-15 gol. Adesso quando ti confronti con le altre squadre non sei a quell’altezza».
Quali possono essere le armi dei biancazzurri in vista dei play-off?
«I play-off rappresentano un altro campionato. Sono nove squadre solo nel tuo girone. Devi qualificarti terza per fare qualche partita in meno. È una lotteria, dipende anche dalla condizione. Tutto è aperto. Sulla carta Vicenza, Avellino, Cerignola hanno qualcosa in più anche di esperienza. I giocatori del Pescara sono quasi tutti alle prime esperienze, soprattutto per questo tipo di partite».
Tu eri un centrocampista capace di garantire qualità e quantità. E avevi una grande dote, che era il tiro dalla distanza. Oggi di gol come i tuoi non se ne vedono così tanti, secondo te come mai?
«Guardando le partite noto che adesso fanno vedere tutte le percentuali, meno che le percentuali del tiro dai venticinque metri. La percentuale del tiro dai venticinque metri è sotto al 2%. Oggi non tira più nessuno, perché ai giocatori viene detto di arrivare in porta con il fraseggio. Io non avevo paura, il mio intento era tirare e fare gol».
5-4-2025 Daniele Rossi
La Redazione de La Dolce Vita
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