Il web non può diventare una terra di nessuno

Andrea cercava aiuto, ha trovato un boia

Andrea cercava aiuto. Ha trovato un boia. Si è aperto, ha mostrato le sue ferite sperando in un po’ di conforto, ma dall’altra parte dello schermo c’era chi ha preferito affondare ancora di più la lama. Quando ha esitato, quando ha detto “non ho il coraggio”, nessuno lo ha fermato. Anzi, qualcuno gli ha detto come farlo.

Un’arena dove il dolore diventa spettacolo

Oggi ci indigniamo. Ci chiediamo come sia stato possibile. Ma è successo perché il web è un’arena dove il dolore diventa uno spettacolo, la sofferenza un gioco di ruolo, la morte un’opzione discussa con la leggerezza di un consiglio su cosa indossare. Andrea non ha trovato chi lo salvasse perché online l’empatia è un’illusione: le parole scorrono veloci, ma nessuno guarda negli occhi chi sta male.

Non è la tecnologia, è la mancanza di umanità

Il problema non è la tecnologia. Il problema è un’intera generazione che cresce imparando a comunicare con gli emoji, ma non a riconoscere il dolore di chi ha davanti. La tecnologia si basa sulle emozioni, ma non sui sentimenti. Può amplificare rabbia, paura, tristezza, ma non insegna a prendersi cura dell’altro. E così, dietro uno schermo, un ragazzo può morire e l’unica reazione di chi lo ha istigato è la paura di essere scoperto, non il rimorso.

Educazione all’affettività: una necessità urgente

Ecco perché dobbiamo rendere obbligatoria l’educazione all’affettività nelle scuole. Non possiamo più permetterci ragazzi che sanno tutto sui social, ma niente sulle relazioni umane. Se non impariamo a metterci nei panni dell’altro nella vita reale, continueremo a essere incapaci di farlo anche nel digitale. E diventeremo sempre più soli, sempre più indifferenti, sempre più pericolosi gli uni per gli altri.

Andrea cercava aiuto. Perché nessuno debba sentirsi più solo

Perché il vero problema non è internet. È che ci stiamo dimenticando cosa significhi essere umani. Ecco perché serve un numero di emergenza sempre attivo, un luogo dove chi è in difficoltà possa chiedere aiuto e trovare una voce che sappia rispondere. Perché Andrea non doveva morire. E perché nessun altro debba sentirsi mai più solo come lui.

Commento del Prof. Giuseppe Lavenia, Presidente dell’Ordine degli Psicologi delle Marche e dell’Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, sul caso di Andrea Prospero.

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