Andrea Gessa 3 promozioni con il Pescara, oggi guida l’Under 17. Successi e obiettivi di un uomo legato ai biancazzurri.
Andrea Gessa 3 promozioni: il Pescara e Baldini protagonista
Andrea Gessa 3 promozioni. Una scalata dalla serie C alla serie A vissuta da protagonista. Sarà per questo che ad Andrea Gessa quella maglia biancazzurra è rimasta cucita addosso. Adesso l’ex centrocampista allena la formazione under 17 del Delfino.
Seconda famiglia
Per lui il Pescara è una sorta di seconda famiglia, visto che una volta chiusa la carriera da calciatore nel 2015 ha scelto di restare in biancazzurro nel ruolo di team manager. Successivamente anche un’esperienza come responsabile del settore giovanile del Penne nel 2022. Riavvolgendo il nastro, Gessa arrivò in riva all’Adriatico da calciatore nel 2009. E in quella stagione centrò subito la promozione in serie B con Eusebio Di Francesco in panchina. Memorabile la doppia finale play-off vinta contro il Verona con il gol di Massimo Ganci all’Adriatico nella partita di ritorno.
Le promozioni in A
Nel 2012 ci fu la seconda promozione, questa volta in serie A con Zdenek Zeman. Al termine di un campionato dominato e giocando soprattutto un grande calcio. Era il Pescara del trio Immobile, Insigne e Verratti, tanto per intenderci. E Gessa per adattarsi al 4-3-3 del boemo ricoprì addirittura il ruolo di mezz’ala. Lui che è sempre stato un esterno di centrocampo, uno di quelli abituati ad andare sul fondo e crossare. La terza promozione arrivò da dirigente, nel Pescara di Massimo Oddo. Dopo la vittoria nei play-off che sancirono il ritorno del Pescara in A. Per quella che fu un’altra annata da incorniciare. E che Gessa ha vissuto in giacca e cravatta. Una veste inedita per chi era abituato a vederlo correre lungo la fascia.
Dopo la carriera che hai fatto in biancazzurro, cosa rappresenta per te il ruolo di tecnico dell’under 17 del Pescara?
«È un’ennesima prova della mia vita e della mia carriera. Dopo aver cercato una strada post campo prima come team manager e poi come responsabile del settore giovanile del Penne. Ho avuto l’opportunità di tornare sul campo, che è la cosa che desideravo di più. Ho avuto la fortuna di sapermi ritagliare dei ruoli e penso di aver trovato la mia strada».
Su quali principi si basa il tuo lavoro?
«Sicuramente nel costruire una squadra dentro e fuori dal campo. Significa avere la capacità di creare un obiettivo comune . Si crea uno spirito di gruppo che è la base per andare ad ottenere risultati di crescita del ragazzo. Anche nelle prime squadre tutti hanno basi e valori di squadra. Poi i miei principi di gioco sono quelli su cui si basa il calcio moderno: la riaggressione in avanti, i riferimenti sull’uomo. E poi costruire gestendo palla in modo intelligente».
Tre promozioni con il Pescara per te. Partiamo dalla prima, quella con Di Francesco che sancì il ritorno del Pescara in B. Che squadra era quella?
«Una squadra di uomini e una squadra di giocatori importanti. Era una squadra costruita per vincere. Non è mai facile in una piazza come Pescara. Vincere era obbligatorio per quello che la società aveva investito. Ricordo che tra i dodici soci c’era il presidente De Cecco. C’era una grande pressione. E se poi sotto pressione non sei squadra, non vai da nessuna parte. Quella squadra era prima in classifica fino a tre minuti dalla fine del campionato. Poi noi ci siamo ritrovati a fare i play-off che vincemmo».
Nel 2012 arrivò la serie A con Zeman. Tu ti sacrificasti a fare la mezz’ala, come ti sei adattato ai rigidi schemi del boemo?
«Io mi sono ritrovato un po’ spiazzato, perché dovevo andare a Lecce in serie A con Di Francesco, che era il mio mentore. Zeman volle lavorare con me, richiese lui di portarmi in ritiro. Da lì c’è stata la scintilla. Il girone d’andata feci due gol e cinque assist. Poi anche per responsabilità mie si scelse di puntare su un incontrista come Nielsen. E gli ultimi mesi furono tosti per me. Mi ritrovai a lottare per un posto. Da professionista mi sono detto di continuare a tenere botta e mettermi al servizio. Così ritrovai spazio. Zeman mi disse che era con persone come me che si vincevano i campionati. E questa frase me la ricorderò sempre».
Nel 2016 hai vissuto da dirigente il ritorno in A con Massimo Oddo. Sei stato il team manager di quella squadra, che gruppo era quello che aveva a disposizione Oddo?
«Una squadra forte. Ma quell’anno il grande merito fu di Massimo (Oddo, ndr). Ho trovato un ragazzo che aveva idee e che faceva giocare bene la squadra. Anche a me diede una grande mano, per la transizione da calciatore a dirigente. Fu una stagione splendida, diversa da quelle che avevo vissuto in campo. Ricordo anche i giri per le scuole e le operazioni di marketing. Strutturammo una società di alto livello. Sono stati anni in cui il presidente (Daniele Sebastiani, ndr) mi diede tanta fiducia».
Ti senti pronto per il grande salto alla guida di una prima squadra?
«Guarda, ti dico la verità io penso che non si è mai pronti. In questo momento devo pensare a fare il mio percorso. Quando è il momento mi chiederò se sono pronto o meno. Il mio focus è sui ragazzi e sul settore giovanile. In futuro potrebbe essere un’idea».
A proposito di prima squadra, ti aspettavi un Pescara in grado di comandare il campionato fin dalla prima giornata?
«No. Ovviamente i pronostici non erano questi. Anche perché non conoscevo Baldini. Lui è realmente il valore aggiunto, per il suo modo di essere e di interpretare il calcio. Lui ha saputo costruire una squadra».
Secondo te cosa ha saputo dare maggiormente Silvio Baldini a questa squadra?
«Io penso che il suo valore oggi è stato quello di aver saputo ricompattare un ambiente. Credo che la scelta della società sia stata vincente. E di conseguenza sono arrivati i risultati. E poi c’è anche la crescita dei giovani ed il senso di appartenenza. Stiamo rivivendo le prestazioni del passato e questo fa ben sperare».
28-11-2024 Daniele Rossi