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Gabriele Scandurra e il grande salto in A: «Un sogno l’esordio con la Juve»

Ci Sono Momenti Nella Vita …

SULMONA – Ci sono momenti nella vita dove capisci che è arrivata la svolta. E quei momenti arrivano all’improvviso, senza darti neanche il tempo di realizzare quello che ti sta accadendo. È quello che è avvenuto a Gabriele Scandurra. Precisamente nel dicembre 2004, quando il compianto presidente del Perugia Luciano Gaucci lo volle nella sua squadra.

Il grande salto

Fu il grande salto per l’attaccante, che dalla Sambenedettese in serie C si ritrovò a giocare in A. Un esordio da brividi per lui, in uno Juventus-Perugia del 6 gennaio 2004 al Delle Alpi di Torino. Per poi scendere successivamente in B con la maglia del Catania. La società etnea all’epoca faceva capo sempre alla famiglia Gaucci.

Nella patria di Ovidio

Nel 2012 l’approdo al Sulmona, squadra che poi ha anche guidato nelle vesti di allenatore. Sì, perché ormai la città di Ovidio lo ha adottato. Infatti l’ex calciatore e adesso allenatore ha scelto di vivere con la sua famiglia proprio in terra peligna, dove attualmente allena la formazione juniores dell’Ovidiana. Una carriera la sua che ha avuto inizio tra i dilettanti, con gli esordi nella Lucchese.

La Samb nel cuore

Per Scandurra anche due stagioni importanti nella Sambenedettese, sempre al fianco dei fratelli Alessandro e Riccardo Gaucci. 21 gol in totale per lui in maglia rossoblù. Il bomber arrivò a San Benedetto nel 2003. Fu subito amore con una piazza calda e passionale. E con i tifosi rossoblù, che lo hanno subito fatto diventare un loro idolo. Il primo anno 10 gol in 16 partite, così arrivò la chiamata di Luciano Gaucci. L’attimo che ti cambia la vita.

Se ti dico 6 gennaio 2004, cosa ti viene in mente?

«Vabbè semplice, mi viene in mente un giorno dove c’è stato il coronamento di un sogno. Giocare al Delle Alpi contro la Juventus è stata un’emozione grande e un bel traguardo».

Come fu l’impatto con la massima serie?

«Io venivo da un periodo molto positivo con la Samb, feci 10 gol. Lottavamo per il vertice. Arrivai a Perugia a dicembre in A. Essendo preparato fisicamente arrivai con un’ottima preparazione psicofisica. Sicuramente la velocità era maggiore, prima in serie C riuscivo a fare gol più facilmente. In serie A c’era maggiore qualità. Negli allenamenti dimostrai di potermela giocare, non ho patito questo gap di due categorie. Ero in forma e l’esordio fu positivo, sfiorai il gol al novantesimo con un tiro che uscì di poco. Stavo bene fisicamente, a San Benedetto avevo Massimo Damiani come fisioterapista. Io gli mandai anche la maglia dell’esordio. Lui mi stette molto dietro perché prima ero reduce da un infortunio al ginocchio. Grazie a lui riuscivo a stare al 100%. Poi ho perso lui e aumentavano i carichi di lavoro. Potevo gestirmi di meno, ma in quella partita del 6 gennaio stavo veramente bene. Lì trovai sintonia con Di Maria, che metteva anche belle palle dentro l’area. E con Fabio Grosso. Fu un’emozione grande, è stato veramente bello. È mancato solo un pizzico di fortuna per quel tiro». Ci Sono Momenti Nella Vita…

Fu Luciano Gaucci che ti fece fare il grande salto in A quando giocavi in C son la Sambenedettese. Lui stravedeva per te. Che presidente era Gaucci?

«Diciamo che intorno a Luciano c’erano i due figli. Io avevo più rapporti con Alessandro, che curava di più il Perugia. Sono stati Alessandro e Luciano che mi hanno voluto fortemente. Li devo ringraziare per questa possibilità, avevano una grande stima di me. Per una questione fisica e di situazione non era l’annata giusta. A Perugia arrivarono poi Hubner e Ravanelli. Io avevo bisogno di un po’ più di tempo per ambientarmi. Fecero lo spareggio con la Fiorentina e sono retrocessi. Io andai a Catania in B, voluto da Colantuono. I Gaucci sono stati la mia salvezza. Alessandro mi paragonava a Vieri».

Poi sempre i Gaucci ti vollero a Catania in B. Un altro club di loro proprietà…

«Era l’ultimo giorno di mercato. Io ero a pranzo con Hubner, che è sempre stato uno dei miei idoli. Mi chiama Alessandro Gaucci e mi dice che mi voleva Colantuono a Catania. E che loro a Perugia volevano puntare su gente più esperta. Lo stesso giorno presi l’aereo e andai a Cagliari, dove era in ritiro il Catania. Mi ritrovai dal sabato alla domenica a giocare 25 minuti finali con il Catania a Cagliari».

Gli anni migliori li hai vissuti alla Samb. Squadra a cui sei ancora molto legato. È un ambiente e una tifoseria che ti coinvolge, poi tu facesti davvero tanti gol in quelle due stagioni…

«Io devo ringraziare la piazza di San Benedetto. La Samb è rimasta la mia squadra del cuore. La vado a vedere quando posso e la seguo da grade tifoso. Sono i colori che mi sono rimasti dentro. La cosa che è stata magica è che io arrivai in una squadra costruita per vincere e la presi come una scommessa. Io venivo dalla D e arrivai come quarta punta. San Benedetto è una piazza dove sono abituati a giocatori importanti. Mi apprezzavano perché loro voglio gente che dà l’anima in campo. Fu bravo anche il mister Trillini che mi diede la possibilità di giocare titolare. Il pubblico era la mia forza».

Nel tuo girovagare alla fine sei rimasto a vivere a Sulmona. Sei arrivato nel 2012 in terra peligna e non sei più andato via…

«Nel 2012 vinsi il campionato a Sulmona, poi andai a Civitanova e a Viareggio. Ho giocato fino a 39 anni. Nel frattempo a Sulmona avevo conosciuto quella che sarebbe diventata mia moglie e sono rimasto a vivere qui». Ci Sono Momenti Nella Vita…

Da quest’anno alleni la juniores dell’Ovidiana. Cosa ti ha spinto ad accettare la proposta del presidente De Deo?

«Senz’altro la passione del presidente che è riuscito a riportare in questa piazza, con progetti importanti e dando solidità. Mi ha spinto anche il mister Antonio Mecomonaco (allenatore della prima squadra dell’Ovidiana Sulmona, ndr), con cui ho vinto il campionato. Sono contento di aver intrapreso questa avventura».

10-10-2024 Daniele Rossi