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Dario Di Giannatale, il Pescara e l’amore dei tifosi: «Per il Pescara ho sempre dato il massimo»

La storia di Dario Di Giannatale: il Pescara e l’amore con il Pescara Calcio. Sempre amato dai tifosi, ha dato il massimo per la squadra.

Dario Di Giannatale: il Pescara e l’amore dei tifosi

La storia di Dario Di Giannatale: il Pescara e l’amore dei tifosi. Lo spirito gioviale e la risata contagiosa. Uniti a quel suo attaccamento ai colori biancazzurri, che gli veniva fuori spontaneamente. Perché lui ci metteva il cuore, sempre. Senza mai risparmiarsi. Sarà per questo che a Pescara Dario Di Giannatale resta uno dei giocatori più amati dai tifosi.

Dario Di Giannatale con la maglia del Pescara

La storia di Di Giannatale

Dario Di Giannatale: il Pescara e l’amore dei tifosi. Quella di Dario Di Giannatale è la storia di un giovane che arrivava da Giulianova. Un ragazzo di provincia, che stava vivendo un sogno. E che poi lo ha portato a collezionare 110 presenze con la maglia del Pescara, mettendo a segno in totale 26 gol. In tutto sono state quattro le stagioni in biancazzurro, dal 1994 al 1998. In quella squadra dell’allora presidente Pietro Scibilia. Insieme a giocatori del calibro di Andrea Carnevale, Federico Giampaolo, Gianluca Colonnello, Morgan De Sanctis, Ottavio Palladini e Michele Gelsi. Un gruppo di cui lui era uno di quelli che faceva spogliatoio, con il suo carisma e la sua simpatia. Oltre ad avere un legame speciale con un campione come Andrea Carnevale.

Il ritorno a Pescara con Massimo Oddo

Sì, perché in fondo lui è uno abituato a prendere la vita con leggerezza. La stessa leggerezza con cui dribblava le difese avversarie ed andava a fare gol. Ma lui restava sempre il ragazzo umile di sani principi. Che andava agli allenamenti con la sua utilitaria, una Fiat Tipo, come ama sempre raccontare. Di Giannatale è uno di quelli a cui non serviva fasciarsi la testa. E poi a Pescara ci è tornato, come collaboratore tecnico di Massimo Oddo. E nel 2016 è arrivata la promozione in serie A. L’altro suo grande amore resta il Giulianova, la squadra della sua città. Dove è cresciuto calcisticamente e dove ha esordito in C2, con Francesco Giorgini in panchina.

L’arrivo a Pescara

Con il Pescara hai esordito in serie B, in totale 110 presenze e 26 gol. Senza dubbio l’esperienza più importante nella tua carriera da calciatore…

«Sì, in realtà ho fatto diverse tappe. Sono partito da Giulianova, che mi ha dato la possibilità di esordire e mi ha formato. E poi la Samb, che è una piazza calda. La maturazione completa l’ho avuta a Pescara. Io i meriti senz’altro li ho avuti, ma sono stato fortunato ad avere un ds come Andrea Iaconi che mi ha portato a Pescara. Ricordo il giorno in cui arrivai. Ero ad Avellino e Iaconi mi disse di tornare a Giulianova perché c’era la trattativa. A quei tempi a Pescara c’era anche Pierpaolo Marino. Il Pescara pagò 165 milioni all’Avellino, con l’allenatore di allora Rumignani che diede l’ok. Arrivai a Pescara allo stadio con la mia Tipo. E il custode non capendo chi fossi non mi aprì. Fortuna che c’era il compianto Vincenzo Zucchini che mi riconobbe».

Più di recente hai avuto l’opportunità di tornare in biancazzurro come collaboratore tecnico, prima nella primavera e poi in prima squadra con Massimo Oddo. E arrivò la promozione in A nel 2016…

«Di questo devo ringraziare innanzitutto il Presidente Sebastiani, il responsabile del settore giovanile di allora Ruffini, ma anche l’allora ds Giorgio Repetto e Dino Zampacorta, che ha curato i miei interessi a livello assicurativo quando facevo il calciatore. il responsabile del settore giovanile di allora Ruffini, ma anche l’allora ds Giorgio Repetto e Dino Zampacorta, che ha curato i miei interessi a livello assicurativo quando facevo il calciatore. Queste persone mi hanno dato una grandissima mano. Io arrivai con Giampaolo in panchina, era il periodo di ottobre-novembre. L’anno dopo arrivò Oddo con Donatelli, io e Zauri facevamo i collaboratori. Quell’anno in prima squadra il presidente mandò via Baroni all’ultima giornata e noi subentrammo con Oddo e Donatelli. Centrammo i play-off, ma siamo stati eliminati contro il Bologna. L’anno dopo siamo stati promossi in serie A. C’è stato un grandissimo lavoro. Peccato perché l’anno dopo non eravamo preparati per la A. Dispiace soprattutto perché avevamo tutti giocatori che poi hanno fatto carriera».

Arrivasti a Pescara nel 1994. Fu la tua grande occasione. Sei sempre stato amato dai tifosi e dai tuoi compagni di squadra. Cosa ha di speciale Pescara?

«Innanzitutto quando arrivi a Pescara come abruzzese la vivi al 100%. Pescara rappresenta il massimo per il calcio abruzzese. O dai il meglio di te stesso, oppure lì non resisti. Io mi ero già formato a Giulianova e San Benedetto. Ho cercato sempre di dare il massimo e quella maglia non l’ho mai tradita. Poi avevo la mia famiglia e i miei amici a Giulianova che non volevo deludere. Io volevo dimostrare che in quella categoria ci potevo stare. L’unico rammarico è di non aver preso il treno giusto per la A».

Dario Di Giannatale: il Pescara e l’amore
L’abbraccio tra Dario Di Giannatale e Andrea Carnevale

Dario Di Giannatale: il Pescara e il legame con i compagni

Quel Pescara dell’allora presidente Scibilia era davvero un grande gruppo. E tu hai sempre avuto un grande legame con un campione come Andrea Carnevale. Che giocatore era Andrea?

«Oltre ad essere un campione è una grandissima persona, dotata di grande sensibilità. Lui ti aiutava dentro e fuori dal campo. Era uno di quelli che ti prendevano in mano la squadra. Un leader. Ci potevi contare nei momenti di difficoltà e quando dovevi vincere a tutti i costi. Aveva davvero una grande personalità. E poi è anche una persona molto umile».

Al di là delle tue qualità tecniche, eri uno di quelli che faceva spogliatoio grazie al tuo carisma e alla tua simpatia. E con i tuoi compagni di allora c’è sempre stato un grande rapporto e una grande compattezza tra i vari Carnevale, Giampaolo, Colonnello, De Sanctis, Palladini, Gelsi. Quali erano i segreti di quel gruppo?

«Quando entravo nello spogliatoio per me era una famiglia. Io all’epoca avevo una villa in campagna, mio padre vendeva il pesce e mia madre sapeva cucinare benissimo. Così quando potevo portavo a casa mia quattro-cinque compagni. Spesso capitava anche sotto le feste, quando c’era qualcuno che non poteva tornare a casa. A volte si creano delle alchimie giuste. Poi quel periodo le cose andavano anche bene, arrivammo ad essere campioni d’inverno (stagione ‘95/’96, ndr). Spesso è quando non arrivano i risultati che le cose si rompono. Pescara quando si infiamma è la fine. Io le partite le sognavo già dal giovedì. Ero all’Adriatico in quel Pescara-Napoli di Coppa Italia (2 settembre 1984, ndr) quando segnò Maradona in rovesciata. Io vidi lo stadio pieno e rimasi estasiato. Tra tutti i miei compagni ho sempre avuto un legame speciale con Federico Giampaolo. Noi ci siamo conosciuti sulla strada, perché eravamo vicini di casa. A Giulianova abbiamo fatto tutto il settore giovanile insieme e un anno di C2. Poi ci siamo ritrovati a Pescara».

In quegli anni in biancazzurro tra i tanti momenti, qual è quello che ti ha regalato la gioia più grande?

«Sicuramente la tripletta che realizzai contro l’Ancona (Pescara-Ancona 4-2 del 26 febbraio 1995, ndr). Per un attaccante è il massimo, una cosa che non capita tutti i giorni in serie B».

Gli esordi con il Giulianova di Giorgini

L’altro tuo grande amore è Giulianova. Innanzitutto la squadra della tua città, dove sei cresciuto facendo il settore giovanile e esordendo in C…

«Avevo 16 anni. E devo dire grazie soprattutto a Giorgini. Io all’epoca facevo gli allievi regionali e non ero mai uscito fuori dall’Abruzzo. Giocavamo contro il Ravenna. Io stavo sognando. Appena entrato iniziai a correre come un matto. E stavo giocando insieme a quelli che avevo sempre visto come i miei idoli, che ammiravo nelle partite al Fadini. Dopo un quarto d’ora dal mio ingresso si fece espellere un nostro difensore e Giorgini mi sostituì. Io capii la dinamica e uscii senza mettere il muso. E da lì lui capì che io ero già maturo e mi fece giocare nelle partite successive».

Hai avuto la fortuna di avere come allenatore Francesco Giorgini. Uno dei personaggi più significativi nella storia del calcio giuliese. Quanto è stato importante questo tecnico per fare il salto di qualità nella tua carriera?

«E’ stato fondamentale. Io devo ringraziare anche De Cesaris e Vernisi che mi hanno allenato negli allievi. Giorgini è un combattente, uno di carattere. Quando allenava gli piacevano i guerrieri. Poi è uno che ti esalta, ti carica. È un allenatore carismatico, o stavi in linea con lui o non potevi giocare».

19-9-2024 di Daniele Rossi