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Spiritualità come Superstizione: Senza Vera Magia

La Magia dell’Italianità e la Superstizione

Quando si parla di Magia dell’Italianità e la Superstizione gli esempi iconici, come le rocambolesche disavventure di Totò nei suoi film, mostrano come la superstizione diventi uno strumento di sopravvivenza per affrontare le avversità della vita. In questo contesto, superstiziosi si rivelano essere tutti: dai ricchi, che cercano di preservare la loro agiatezza, ai poveri, che ripongono le loro speranze nella dea bendata, sperando di sfuggire alla miseria. I mali e la sfortuna non fanno distinzioni di classe; lo ha capito bene Vanna Marchi, che ha sfruttato la vulnerabilità degli individui sofferenti e soli, alimentando la loro necessità di credere in tutto, anche nel nulla.

 

La Spiritualità e le Sue Manifestazioni

Se mettiamo da parte le connotazioni culturali e commerciali della superstizione, cosa possiamo realmente dire sulla spiritualità? Essa esiste? E se sì, come si manifesta? Oggi sembra che l’idea di spiritualità sia diventata individualistica e narcisistica. Essere “spirituali” non implica più avere uno spirito nobile, ma piuttosto un spirito “pulito” e performante, concentrato unicamente sul proprio benessere. Le pratiche quotidiane come la pulizia dei chakra, la ricerca del proprio centro e il benessere personale sono diventate formule ripetute, che fanno parte di una ricetta che ci impasta come individui, formando esseri pronti a sopportare le crescenti esigenze della società capitalista.

Rimedi Temporanei in una Società Frustrante

Oggi, alle pressioni del lavoro asfissiante opponiamo trattamenti ayurvedici, ai ritmi insostenibili delle città lo yoga, e alla competizione sociale la mindfulness. Queste sono toppe esistenziali a buon mercato, che permettono di sopravvivere senza lamentarsi, contribuendo al progresso delle nostre società evolute. Paradossalmente, la spiritualità autentica potrebbe trovarsi al di fuori di noi, nelle pause che ci concediamo da noi stessi, nei momenti di generosità non affettata, in una comunione di esseri umani e non di clienti e consumatori. La tristezza deriva dal fatto che, nel nostro esercizio spirituale quotidiano, potremmo solo contribuire a mantenere in vita un altare di carta, una religione senza Dio.

L’Ateismo e la Ricerca del Divino

Nel contesto attuale, l’ateismo prevalente sostiene che Dio sia uno spazio non ancora esplorato dalla ragione, un vuoto da colmare con la divinità. Molti intellettuali di oggi paragonano lo spirito a regioni inesplorate, dove la domanda esistenziale rimane insoluta e cerca un rimedio temporaneo. Camus, con la sua filosofia dell’assurdo, suggerisce che il corpo rappresenti il conflitto umano tra la felicità ottenuta attraverso la bellezza e il dovere di essere felici in un mondo senza Dio. In questo contesto, la vera felicità deriva dalla consapevolezza della nostra condizione esistenziale, riconoscendo l’assurdo come parte integrante della vita.

L’Importanza del Sacro e della Comunità

La ricerca di una dimensione morale, collettiva e condivisa, diventa cruciale in un’epoca così “assurda”. Il libro “Senza Dio” di Mario Adinolfi esplora la crisi dell’Occidente scristianizzato, avvertendo che la speranza di un mondo senza religione è illusoria. Il filosofo Roger Scruton sottolinea che il bisogno del “sacro” è innato nell’essere umano e inestirpabile. Gli atei moderni si battono contro un Dio concettuale, non rendendosi conto che la religiosità è profondamente radicata nell’esperienza umana.

La Presenza del Sacro nell’Esperienza Umana

Scruton ci invita a riflettere su cosa rappresenti il sacro e perché le persone si aggrappino ad esso. Le cose sacre rappresentano la “presenza reale” del soprannaturale e trasformano le nostre percezioni. L’esperienza del sacro è visibile nei rapporti con le persone a noi care e centrale nell’arte poetica. Questo tipo di esperienza sfugge all’indagine scientifica, poiché riguarda la libertà, la responsabilità e la connessione umana, aspetti che non trovano posto nel linguaggio della scienza.

Un Mondo Senza “Tu” e Senza “Noi”. La Magia dell’Italianità e la Superstizione

In conclusione, un mondo senza Dio è un mondo dominato dall’“io”, privo di “tu” e “noi”. È un contesto intriso di superstizione oscura, senza la vera “magia” intesa come una forma superiore di conoscenza e connessione con le forze spirituali. È fondamentale, quindi, riconsiderare il nostro approccio alla spiritualità e riscoprire la necessità di relazioni autentiche, che vanno oltre il mero consumo e la produzione, per riconnetterci a una dimensione collettiva e significativa dell’esistenza.

La vita è un viaggio, non una destinazione” 

Ralph Waldo Emerson, Diario delle citazioni, 1995.

Tratto da un articolo di Carlo Di Stanislao